Nei secoli che vanno dal Medioevo al Rinascimento, la spezieria (o bottega dello speziale) europea smise di essere uno spazio monastico per diventare un fulcro urbano di sapere e regolamentazione. Questo articolo ripercorre il processo di professionalizzazione dello speziale in Europa e in Spagna, dalla sua apparizione accanto al medico come figura differenziata, fino al suo riconoscimento come uomo di scienza sotto la Monarchia Ispanica. Attraverso leggi, corporazioni, tensioni sociali e progressi tecnici, si rivela come la spezieria si consolidò come istituzione chiave nella storia della medicina e della cultura scientifica occidentale.
QUADRO STORICO
Le prime spezierie europee sorsero in ambienti religiosi, dove coesistettero con speziali laici. La figura dello speziale si consolidò nel XIII secolo, in risposta alla necessità di separare le funzioni mediche: il fisico (medico), con formazione accademica e colta, si incaricava della diagnosi; lo speziale, formato in ambito corporativo, elaborava i medicamenti. Questa divisione fu formalizzata nelle Ordinanze Medicinali (1240)[1], promulgate per il Regno di Sicilia da Federico II di Svevia, che stabilirono la distinzione tra medici e speziali, un modello che si ripeterà in altre città europee e nella Penisola, nella Corona d'Aragona.
In Catalogna, come segnala Fernando Parrilla-Vallejo[2], gli especieros (aromatari/speziali) che assumevano funzioni di speziale entrarono in conflitto con droghieri, ceraioli e altri professionisti sanitari (barbieri, medici, veterinari [albéitares][3]), a causa della mancanza di una regolamentazione chiara. Si produssero anche tensioni tra gli speziali urbani e quelli che operavano in monasteri, ospedali e lazzaretti, al di fuori del controllo corporativo. Nel XIV secolo sappiamo che in Catalogna gli speziali si raggruppavano in corporazioni con un proprio sistema di ordinanze e apprendisti[4] ed erano appoggiati dalle ordinanze municipali e reali.
D'altra parte, alla fine del XIII secolo, anche in Castiglia abbiamo l'esistenza di speziali. Le Partidas di Alfonso X il Saggio li menzionano nel momento di punire le loro possibili negligenze farmaceutiche[5].
Fu a partire dal regno dei Re Cattolici che iniziò a essere regolamentato ufficialmente l'esercizio del mestiere di speziale in Spagna, mediante la promulgazione delle prime leggi del Protomedicato (Proto-collegio medico) nel 1477, seguite dalle disposizioni complementari degli anni 1491 e 1498. Queste normative posero le basi per il controllo istituzionale della pratica farmaceutica.
I primi speziali con licenza formale apparvero all'inizio del XVI secolo, nel quadro di un processo di professionalizzazione spinto dalle Reales Cédulas (Decreti Reali) del 1523 e del 1533, emanate da Carlo V. Sia il Protomedicato sia i consigli municipali (cabildos) svolsero un ruolo chiave nell'implementazione di sistemi di autorizzazione e supervisione, orientati a garantire una formazione adeguata, promuovere una prassi etica, individuare e sanzionare i falsi speziali, e stabilire il divieto di prescrivere medicamenti senza la presenza di un medico. Anche in quest'epoca si stabiliscono i primi collegi di speziali in diverse località spagnole come Barcellona, Valencia o Barcellona[6].

Contratto di apprendistato di speziale di Miguel de Ruidiez, del giugno 1623, tra il padre dell'apprendista e il maestro speziale Juan de Urquizu, dove quest'ultimo si impegna a insegnare il mestiere, alimentare, vestire e calzare l'apprendista, e l'apprendista a servire nella spezieria per un tempo stipulato. Fonte: AHPM. T: 4915, foll. 513r-514v. Crediti foto: BASANTE – LOZANO, link[7]
A metà del XVI secolo, lo speziale era già considerato un uomo di scienza, il cui operato esigeva una formazione rigorosa basata su anni di studio e pratica. Nel 1565, un'ordinanza promulgata da Filippo II[8], che proseguiva quelle di Carlo V, stabilì anche requisiti severi per esercitare la professione: si esigeva di avere un certificato di purezza di sangue (limpieza de sangre)[9], essere maggiore di 25 anni, dominare bene il latino e avere almeno quattro anni di esperienza pregressa in una spezieria autorizzata[10], oltre a superare un esame davanti ai maestri che li formavano e poi quello del Protomedicato.
Inoltre, fu proibito l'accesso all'esame di speziale a droghieri, especieros e ostetrici/e, al fine di garantire che solo i professionisti debitamente formati potessero esercitare con responsabilità e competenza. Questi esami furono successivamente compilati sotto forma di libretti di domande e risposte come l'Examen de Boticarios (1643) di Fray Estaban de Villa[11].
In diversi paesi europei furono implementate anche misure simili a quelle spagnole, orientate a rafforzare la formazione e la prassi etica degli speziali. In Svizzera e Francia, ad esempio, si esigeva loro di accompagnare i medici durante le visite cliniche, il che offriva loro l'opportunità di acquisire conoscenze pratiche e affinare il loro criterio terapeutico.
L'esercizio della spezieria implicava una grande responsabilità etica. Gli speziali erano soggetti al controllo delle autorità locali, che realizzavano ispezioni almeno due volte l'anno per verificare la qualità dei prodotti e la precisione dei pesi utilizzati nelle bilance. Allo stesso modo, dovevano tenere un registro dettagliato delle formule magistrali impiegate nei loro preparati e mantenere prezzi ragionevoli, sebbene a volte questi fossero percepiti come eccessivi dalla clientela.
Non era raro che alcuni speziali raggiungessero notorietà grazie all'efficacia dei loro prodotti, arrivando persino a trascendere le frontiere. Esempi emblematici sono il laudano di Paracelso o il balsamo di Fioravanti[12]. In Spagna, durante il XVI secolo, spiccò l'elettuario del sacerdote Francisco Delgado, e già nel XVII secolo, lo speziale italiano Alessandro Quintilio[13] —stabilitosi a Madrid— sviluppò delle polveri bianche solutive elaborate mediante un procedimento alchemico che estraeva la quintessenza dell'oro, cercando di allungare la vita del paziente. La loro distribuzione fu autorizzata dallo stesso re Filippo III, e godettero di grande popolarità nella capitale.
Accanto alle composizioni farmacologiche tradizionali, sorsero altri preparati come balsami, acque e oli nell'ambiente di ospedali, monasteri e santuari di pellegrinaggio come quelli del Cammino di Santiago, elaborati da speziali religiosi. Questi prodotti, oltre alle loro proprietà terapeutiche, acquisivano supposte virtù miracolose per essere vincolati all'invocazione di un santo, di Gesù Cristo o della Vergine, il che conferiva loro un valore spirituale aggiunto e li rendeva particolarmente popolari tra i devoti[14].

I santi medici San Cosma (qui presentato come speziale) e San Damiano davanti alla Madonna dei Rimedi (Virgen de los Remedios). Tavola rinascimentale. Museo della Farmacia Ispanica. Facoltà di Farmacia dell'Università Complutense di Madrid. Foto: Pinterest
Tuttavia, la figura dello speziale non fu esente da pratiche fraudolente. In diversi territori della Monarchia Ispanica proliferarono individui che, facendosi passare per speziali itineranti, offrivano senza autorizzazione un'ampia varietà di prodotti —unguenti, pillole e preparati diversi— sotto denominazioni ingannevoli, approfittando della credulità popolare e della limitata regolamentazione vigente nei primi secoli. Parallelamente, si sviluppò un mercato clandestino di compravendita di titoli di medico e speziale, la cui magnitudine motivò l'intervento delle autorità. Come segnala Almudena Serrano, direttrice dell'Archivio Storico di Cuenca, questa situazione fu denunciata nel Memoriale che il Conte di Buendía indirizzò a Filippo II nel 1584, allertando sull'auge di queste pratiche e sulla necessità urgente di un loro controllo istituzionale[15].
Con il passare del tempo, la professione iniziò a consolidarsi e a ricevere un riconoscimento crescente, sia in ambito sociale che legale. Questo processo raggiunse una pietra miliare significativa verso il 1650, quando il re Filippo IV concesse un privilegio di nobiltà che elevava il mestiere di speziale al rango di “arte scientifica”, equiparandolo in importanza e dignità alla Medicina in tutti i regni della Monarchia Ispanica.

Lo Speziale di Paolo Antonio Barbieri (1603-1649) è una mostra dei metodi di lavoro e dei prodotti ai quali poteva avere accesso. Lo speziale dispone sul suo tavolo di lavoro di tutto il necessario per il suo operato: mortaio (almirez), stadera (romana) per il peso dei prodotti, un albarello o vaso di ceramica.
LA SPEZIERIA: ELABORANDO ‘MEDEÇINAS’ NEL SECOLO D'ORO
Durante il Secolo d'Oro, la spezieria (bottega) —stabilimento gestito dallo speziale— subì appena trasformazioni significative rispetto alla sua configurazione medievale. Persino il termine “botica” (bottega) ha radici nel Medioevo, derivando dal greco ἀποθήκη (apothḗke), che significa “magazzino” o “negozio”, e che fu adottato successivamente dal latino tardo come apothēca. Nel contesto ispanico, la prima apparizione documentata del vocabolo “botica” con il senso di laboratorio (obrador) per l'elaborazione di “medeçinas” (medicine) si trova nell'anno 1386, nel Libro de la caça de las aves di Pero López de Ayala.
Le spezierie di quest'epoca, così come le loro predecessore medievali, potevano avere una natura religiosa o laica. Le prime si ubicavano in conventi, ospedali e infermerie, prestando servizio a pellegrini, malati[16] e persone svantaggiate. Le seconde si trovavano in nuclei urbani e residenze private, specialmente in case appartenenti all'aristocrazia o alla regalità.
L'organizzazione interna di questi stabilimenti fu oggetto di attenzione da parte di autori come Alfonso Rodríguez de Tudela, che nel suo Compendio de Boticarios (1515) descrive dettagliatamente la disposizione spaziale e la classificazione dei prodotti utilizzati nella pratica farmaceutica.
Una spezieria classica si strutturava in tre aree fondamentali:
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Sala di attenzione al pubblico: spazio destinato alla ricezione dei clienti e alla dispensazione dei rimedi.
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Retrobottega (Rebotica): zona riservata allo stoccaggio di ingredienti e utensili, così come alla consultazione privata dello speziale.
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Laboratorio (Obrador): area dedicata alla preparazione dei medicamenti, dove si applicavano le conoscenze tecniche e si elaboravano le formule magistrali.
Ciascuna di queste aree compiva funzioni specifiche che permettevano allo speziale di esercitare il suo mestiere con efficacia, rigore e conformemente agli standard dell'epoca.
LA SPEZIERIA (LA BOTTEGA)
Il primo locale era la spezieria (bottega) propriamente detta, dove si ricevevano i clienti e si esibivano i prodotti medicinali. Sui suoi scaffali si allineavano albarelli, tibores (grandi vasi) e orci di ceramica decorata, etichettati con nomi latini o vernacolari che indicavano il loro contenuto: pillole, erbe, unguenti, sciroppi, polveri e altri preparati. Questo spazio non serviva solo alla vendita, ma anche come luogo di consultazione informale, dove i vicini accorrevano con ricette mediche o in cerca di rimedi popolari. Lo speziale doveva conoscere le proprietà di ogni sostanza, calcolare dosi e preparare formule con precisione. Poteva essere assistito da un aiutante o ufficiale di spezieria.
IL RETROBOTTEGA (LA REBOTICA)
Dietro questa sala si trovava il retrobottega (rebotica), uno spazio più riservato dove si immagazzinavano le materie prime. Qui si conservavano radici, foglie, resine, minerali e prodotti animali, molti dei quali provenienti da oltremare, il che trasformava la rebotica in un piccolo magazzino di prodotti esotici. Le sostanze venivano conservate in condizioni specifiche per evitare il loro deterioramento, e lo speziale le classificava secondo criteri empirici e tradizionali.
Ci racconta Alfonso Rodríguez de Tudela riguardo a questa sala: “è obbligato ogni speziale a scegliere un luogo conveniente per la sua bottega, e conveniente per conservare le cose medicinali, tanto che sia difesa dai venti e dal sole e che non sia umida né fumosa o polverosa, perché tutte le dette cose sono solite corrompere e alterare le medicine, sia semplici che composte.”[17]
In questo ambiente più intimo, il professionista studiava ricettari, prontuari farmaceutici e trattati medici, molti dei quali di origine araba o classica, che gli permettevano di ampliare le sue conoscenze e perfezionare le sue tecniche.
La rebotica era anche un luogo di formazione, dove gli apprendisti si iniziavano all'arte farmaceutica sotto la tutela del maestro speziale, seguendo un sistema corporativo che esigeva anni di pratica prima di poter aprire un proprio stabilimento.
IL LABORATORIO (L'OBRADOR)
Infine, il laboratorio (obrador) era il cuore tecnico della spezieria, dove si elaboravano i medicamenti. Questa officina era equipaggiata con alambicchi, storte, matracci, mortai, bilance, pesi e caldaie, strumenti necessari per realizzare processi come la distillazione, la sublimazione, la decozione e la cristallizzazione, sui quali ci soffermeremo in seguito.
Lo speziale doveva dominare queste tecniche e le cosiddette formule magistrali per estrarre le “virtù intime” degli ingredienti e trasformarli in rimedi efficaci. L'elaborazione richiedeva precisione, pulizia e conoscenza profonda delle interazioni tra sostanze. In molti casi, l'obrador era anche uno spazio di collaborazione familiare, dove la moglie dello speziale partecipava ai compiti e, in caso di vedovanza, poteva continuare con la gestione dell'attività.
STOCCAGGIO E PREPARAZIONE DEI MEDICAMENTI
L'elaborazione di medicamenti richiedeva una varietà di contenitori e strumenti specializzati, che permettevano la corretta conservazione e somministrazione dei rimedi.
Tra i più utilizzati in Spagna durante i secoli XVI e XVII si trovano:
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GLI ALAMBICCHI La parola "alambicco" proviene dall'arabo al-inbīq che a sua volta deriva dal greco ambix (ἄμβιξ), che significa "coppa". Questo dispositivo fu perfezionato da sapienti arabi come Avicenna o Al-Rāzī e trasmesso all'Europa, dove divenne uno strumento essenziale per la distillazione di liquidi. Il suo disegno base consiste in una caldaia dove si riscalda la sostanza, un condotto per l'evaporazione e una serpentina di raffreddamento che permette la condensazione del liquido distillato.
Nella farmacopea medievale e rinascimentale, speziali e medici distillavano piante e minerali per ottenere essenze ed estratti con proprietà curative. Ad esempio, l'acqua distillata di rose e altre erbe veniva impiegata in trattamenti per diverse dolenzie.
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COPPE E VASI DI CERAMICA Durante i secoli XVI e XVII, i vasi di ceramica e le coppe svolsero un ruolo essenziale nella farmacopea, poiché venivano utilizzati per conservare e somministrare medicamenti e preparazioni speziali. Questi recipienti erano comunemente elaborati con ceramica invetriata, il che permetteva di conservare liquidi senza filtrazioni. Si impiegava anche maiolica fine e gres, materiali che offrivano maggiore resistenza e protezione contro la contaminazione. In alcuni casi, si usavano recipienti di porcellana, specialmente in ambienti aristocratici e spezierie di alto prestigio.
La decorazione di questi vasi rifletteva l'importanza del loro contenuto. Molti pezzi erano adornati con motivi floreali, emblemi alchemici o iscrizioni che indicavano il tipo di rimedio che contenevano. Alcuni presentavano scudi araldici o simboli religiosi, evidenziando la connessione tra la medicina e la spiritualità dell'epoca. Il loro uso era strettamente vincolato alla pratica della spezieria e dell'alchimia: servivano per contenere unguenti, distillazioni e sciroppi, i quali venivano somministrati mediante coppe dosatrici. Il loro disegno e fabbricazione non solo rispondevano a una necessità funzionale, ma riflettevano anche la conoscenza medica e filosofica dell'epoca.


Diversi tipi di alambicchi e recipienti di speziale, del XVII secolo in due tavole del libro Palestra pharmaceutica, chymico-galenica di Félix Palacios. Fonte Foto: Link[18]
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MORTAI E PESTELLI (ALMIRECES) Mortai e pestelli (almireces, mortai in metallo) in quest'epoca furono strumenti chiave nella spezieria e nell'alchimia. Venivano utilizzati per triturare e mescolare ingredienti naturali nell'elaborazione di preparati come medicamenti, polveri, pozioni o unguenti.
Fabbricati in bronzo, marmo, pietra o ceramica, il loro materiale variava a seconda della durezza dei componenti da processare. Gli speziali li impiegavano per macinare erbe, minerali e sali, assicurando la corretta consistenza e composizione dei rimedi.
Oltre al loro uso medico, questi recipienti partecipavano anche alla gastronomia e profumeria, raffinando spezie ed essenze aromatiche.
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BILANCE E PESI Le bilance erano imprescindibili per misurare con precisione gli ingredienti dei medicamenti. Si impiegavano modelli a piatti e bilance di precisione per garantire il corretto dosaggio dei composti e delle formule (in quest'epoca si impiegava quella di Mesuè).
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CONTENITORI CHIUSI DI VETRO E PORCELLANA Per la conservazione di oli, unguenti ed estratti, si utilizzavano fiaschi di vetro e porcellana. Questi materiali erano ideali per evitare la contaminazione incrociata dei medicamenti e assicurarne la stabilità chimica.
Questi erano i principali tipi di contenitori:
| Recipiente | Materiale principale | Motivi decorativi | Prodotti contenuti | Il perché di quel materiale |
| Albarello | Ceramica, maiolica, porcellana | Floreali, araldici, iscrizioni | Polveri, unguenti, elettuari | La porcellana o ceramica evitava reazioni chimiche e conservava meglio il prodotto. |
| Redoma (Ampolla) | Vetro o ceramica | Generalmente lisci o con etichette | Liquidi, essenze, tinture | Il vetro permette di vedere il contenuto ed è inerte. |
| Ampolla (Fiala) | Vetro | Senza decorazione, forma sferica | Preparati liquidi di piccole dosi | Precisione nel dosaggio e sterilità. |
| Tarro (Barattolo) | Ceramica, maiolica, porcellana | Iscrizioni, scudi corporativi | Sostanze solide o semisolide | La porcellana è impermeabile e facile da pulire. |
| Matraccio | Vetro | Senza decorazione, forma a pera | Miscele chimiche, distillazioni | Resiste al calore e permette di osservare le reazioni. |
Di tutti, il più popolare e diffuso fu l'albarello, un pezzo di origine persiana e arrivato con gli arabi ad Al-Andalus, che sono i vasi di ceramica che vediamo in molte rappresentazioni di spezierie antiche e in quelle storiche che ancora si conservano in Spagna.

Albarello del XV secolo, possibilmente di Manises (Valencia). Stile mudéjar. Fonte foto: Pinterest
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RECIPIENTI SPECIALI PER SOSTANZE PREZIOSE Alcune sostanze, come la teriaca, dovevano essere conservate in recipienti d'oro, zinco o piombo per preservarne le proprietà. Le specie aromatiche si conservavano in scatole d'oro o platino, mentre gli unguenti e gli oli oftalmici si conservavano in fiaschi di porcellana o cristallo.

Quadro 'Lo Speziale', di Gabriel Metsu. Scuola olandese. XVII secolo. Fonte foto: Link[19]
CONCLUSIONI
L'evoluzione del mestiere di speziale in Spagna riflette un processo complesso di professionalizzazione, regolamentazione e riconoscimento sociale che si sviluppò lungo vari secoli. Dai primi tentativi legislativi spinti dai Re Cattolici e dal Protomedicato, fino al privilegio di nobiltà concesso da Filippo IV nel XVII secolo, la figura dello speziale passò dall'essere un artigiano della salute a diventare un agente scientifico chiave all'interno della struttura medica dell'epoca.
Nonostante le sfide —come l'intrusione di ciarlatani e la mancanza iniziale di controlli rigorosi—, gli speziali riuscirono a consolidare una pratica etica, tecnica e culturale che lasciò un'impronta nella storia della medicina. Il loro lavoro non consisteva solo nel preparare rimedi, ma anche nel preservare la conoscenza farmaceutica, collaborare con i medici e guadagnarsi la fiducia della comunità.
Oggi, guardando indietro, possiamo riconoscere in quegli speziali le fondamenta della farmacia moderna, e valorizzare il loro contributo come parte essenziale del patrimonio scientifico e umanistico della nostra storia.
NOTE
[1] BASANTE POL, Rosa e LOZANO ESTEVAN, M.ª Jesús. « Las escrituras de aprendiz de boticario en Madrid durante los siglos XVI-XVII » in Anales de la Real Academia Nacional de Farmacia, Vol. 82, Nº. 3, 2016, p. 324.
[2] PARRILLA-VALERO, Fernando (2018). « Los boticarios de Cataluña entre los siglos XIII-XVIII. Una visión socioeconómica y de salud pública » in Ars Pharm vol.59 no.4 Granada ott./dic. 2018. Link disponibile su:
[3] Una specie di veterinari.
[4] PARRILLA-VALERO, Fernando (2018). « Los boticarios de Cataluña entre los siglos XIII-XVIII. Una visión socioeconómica y de salud pública », art. cit.
[5] ROJO GONZÁLEZ, Bernardino (1951). « Los farmacéuticos en el reinado de los Reyes Católicos ».
[6] In Castiglia, tuttavia, questi collegi non appariranno fino al XVIII secolo. Ciononostante, gli speziali si riunirono ad esempio a Madrid in due confraternite religiose. BASANTE POL, Rosa e LOZANO ESTEVAN, M.ª Jesús. « Las escrituras de aprendiz de boticario en Madrid durante los siglos XVI-XVII » in Anales de la Real Academia Nacional de Farmacia, Vol. 82, Nº. 3, 2016, pp.324-325.
[7] BASANTE POL, Rosa e LOZANO ESTEVAN, M.ª Jesús. « Las escrituras de aprendiz de boticario en Madrid durante los siglos XVI-XVII » in Anales de la Real Academia Nacional de Farmacia, Vol. 82, Nº. 3, 2016, pp.324-325.
[8] ROJO GONZALEZ, Bernardino (1951). « Los farmacéuticos en el reinado de los Reyes Católicos ». Link disponibile su
[9] Non essere discendente di mori o ebrei, anche se convertiti da generazioni.
[10] Si entrava come apprendista o ‘mançebo’ all'età di 10 o 12 anni con un contratto di apprendistato firmato dal padre dello studente e dal maestro speziale. Man mano che acquisiva esperienza, il giovane apprendista diventava ‘ufficiale di spezieria’ o aiutante, il che poteva richiedere dai 6 agli 8 anni di pratica e formazione. Superato questo periodo di apprendistato, poteva trascorrere altro tempo come ufficiale di spezieria o aiutante dello speziale, dopodiché il maestro riteneva che fosse pronto a presentarsi all'esame del Real Tribunal del Protomedicato. Vedasi BASANTE POL, Rosa e LOZANO ESTEVAN, M.ª Jesús (2016). « Las escrituras de aprendiz de boticario en Madrid durante los siglos XVI-XVII » in Anales de la Real Academia Nacional de Farmacia, Vol. 82, N.º. 3, 2016, 324-337.
[11] PERALTA-REGLADO, JM. (2004). Las obras para la instrucción de los boticarios en la España del siglo XVIII: análisis y aportaciones (Tesi di dottorato). Alcalá de Henares: Universidad de Alcalá.
[12] Non dimentichiamo di menzionare qui il famoso Balsamo di Fierabrás. Un famoso unguento magico menzionato nella Storia Cavalleresca di Carlo Magno, proprietà di un cavaliere saraceno e proveniente dal regno di Gerusalemme. Nel Don Chisciotte, Alonso Quijano lo prepara con ingredienti comuni: olio, vino, sale e rosmarino, seguendo una ricetta che mescola elementi della spezieria rinascimentale con rituali religiosi (come recitare 80 Padrenostro, Ave Maria, Salve e Credo). Questo unguento finirà per essere una sorta di panacea per tutti i mali.
[13] REY BUENO, Mar (2013). « Prolongatio vitae: prácticas alquímicas, remedios secretos y promesas de salud en la España Moderna » in Azogue, 7, 2010-2013. Link web disponibile su:
[14] Erano popolari l'Olio di San Benedetto, le Acque della Vergine di Guadalupe (prodotte in questo monastero dell'Estremadura), l'Agua Fita Santa Fe o lo Sciroppo della Vergine de los Remedios, che potevano essere usati per curare malattie o contro le piaghe. Vedasi: FRANCÉS CAUSAPÉ, Mª del Carmen (2009). « Consideraciones sobre creencias, farmacia y terapéutica ». Discorso tenuto presso la Real Academia de Farmacia, pp. 45-47. Link Disponibile su:
[15] « Porque ninguno de veynte años a esta parte ha querido dar seis escudos que no aya alcanzado carta de cirujano y licencia para sangrar y purgar sin tener letras, ni aun sabe leer. Y que también lo que passa de médicos es lastimosa cosa. E es perdición ver que no ay rapaz ni aprendiz que, como lleve 3 ducados, no le den carta de examen y luego ponga botica, de manera que son más de quarenta y cinco las que oy se hallen en la Corte, no habiendo en otro tiempo más de dos, con la de Su Majestad. » Citato in SER HISTORIA. Disponibile al link:
[16] Ad esempio, i malati di lebbra che venivano curati nei lazzaretti.
[17] RODRIGUEZ DE TUDELA, Alfonso (1515; ed. 1990). Traducción del Compendio de boticarios. Thomas M. Capuano, Hispanic Seminary of Medieval Studies (Madison).
[18] Palacios, Felix. Palestra pharmaceutica, chymico-galenica, en la qual… -
[19]
BIBLIOGRAFIA
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ROJO GONZÁLEZ, Bernardino (1951). “Los farmacéuticos en el reinado de los Reyes Católicos”.
SER HISTORIA. Disponible en el enlace: Historias de boticarios, médicos, cirujanos y barberos a través de los siglos | Actualidad | Cadena SER [Consultado el 26/09/2025]
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